Per onestà verso chi avrà voglia di leggere voglio subito avvisarvi che questo non è un articolo informativo, o meglio lo è per una minima parte, la maggioranza del contenuto è una libera riflessione personale.
Era la mattina del 7 aprile quando ho scoperto che Isao Takahata era venuto a mancare. Il regista in realtà si era spento la mattina del 6, ma poichè mi trovavo in Giappone mezzo frastornato dal fuso orario ma soprattutto da quella che io definisco “dopamina da viaggio” m’informai solo il giorno dopo. Fu mia madre a darmi la notizia, conoscendo la mia passione per il mondo Ghibliano si preoccupò di farmi avere la news dall’Italia, e ricordo perfettamente che stavo passeggiando per i bellissimi giardini Hama-Rikyu Onshi Teien quando aprii l’articolo.
Nemmeno a distanza di 5 minuti avrei fotografato uno degli ultimi ciliegi sopravvissuti, la sakura a Tokyo quest’anno era arrivata in anticipo e la marea rosa che sognavamo alla partenza in realtà aveva lasciato il posto a qualche chiazza isolata dove spendere gli ultimi giorni di Hanami.
Quel ciliegio assalito dai turisti alla ricerca del selfie perfetto mi fece riaffiorare alla mente una delle immagini più famose della filmografia di Takahata, ovvero la principessa splendente mentre sorride stupita e liberatoria vedendo i petali del ciliegio cadere.
Questa immagine, famosissima anche per essere stata usata come copertina di molte edizioni dvd, mi era rimasta particolarmente impressa perchè fu il primo “disegno” Ghibli che provai a realizzare nel periodo in cui ero confinato a casa. Nulla di particolarmente riuscito, con la china non sono certo un fenomeno, tuttavia riuscì nell’impresa di tenermi occupate un paio d’ore e all’epoca impegnare il tempo in qualche modo era quanto di meglio potessi chiedere.
Come spesso capita quando ci si lega tanto ad un film o una storia è inevitabile collegarli ad un momento del proprio privato, La Storia della Principessa Splendente fa parte insieme ad altre opere di una tappa cruciale per quello che è il mio modo di vivere e pensare oggi.
Fu un’emozione velocissima, dopo un minuto ero già pronto a rimettermi in marcia e vivermi l’avventura aspettata da anni in Giappone, ma credo di aver sentito quella sensazione che tanto bene i giapponesi sono riusciti ad inquadrare con il termine Aware.
Aware, cercando di semplificarne il concetto esprime la sensazione dolceamara che si prova mentre si vive un momento di grande bellezza, che si sa effimero e destinato ad esaurirsi velocemente.
Quel ciliegio in fiore davanti a me non sarebbe durato più di qualche giorno ancora, ma in quel momento rappresentava ciò che due anni prima avevo solo potuto disegnare su carta, quando l’idea di trovarmene uno vero di fronte vi assicuro non mi sfiorava nemmeno.
Allo stesso modo quel pezzo di carta animata su cui mi ero emozionato era costato anni e anni al suo autore, e proprio quel giorno (in realtà il giorno prima) il suo tempo era finito.
Quando tornai in Italia, ripresa la solita vita dedicai più tempo ad elaborare quella strana coincidenza, gestendo Chora pensai che avevo l’opportunità di offrire il nostro spazio e le mie riflessioni sulle opere del Takahata regista. Una delle fortune degli artisti è che a differenza di tanti altri personaggi famosi quando arriva la loro ora ci lasciano davvero un’eredità, e contribuire a valorizzare questa eredità facendola conoscere anche solo ad una persona in più mi avrebbe fatto piacere. Chi mi conosce lo sa, quando qualcosa mi piace “consiglio/costringo” a vivere l’esperienza, alcuni mi considereranno un dittatore, altri ancora un esaltato, ma per uno che di certo non è famoso nell’offrire grandi parole di conforto questo è semplicemente il suo modo di dire a te ci tengo. Questa storia mi ha fatto sentire vivo e voglio che anche tu possa stare bene quanto lo sono stato io.
Tuttavia dopo aver scoperto che il 15 maggio ci sarebbe stata una cerimonia d’addio in onore di Takahata al Museo Ghibli bloccai tutto, ed ora voglio spiegarvi perchè.
Sempre in quei giorni avevo letto questa notizia myazaki e takahata, un grande dolore per una grande amicizia e quando mi ero messo a buttar giù le prime righe su quello che doveva essere un ricordo di Takahata con l’analisi della sua opera più celebre, La Tomba delle Lucciole, mi ero chiesto con quale autorità mi permettessi di parlarne prima che lo facessero i suoi amici. La risposta mi arrivò in fretta: nessuna.
Capisco benissimo che l’attualità è attualità e che molte testate abbiano stampato e postato articoli per informare e raccogliere quel che devono raccogliere per mangiare, ma onestamente il bello di essere il capo di se stessi è che puoi sempre affidarti alla tua filosofia. Puoi correre o puoi fermarti, senza redini e sella.
Ci sono altri tre ragazzi che ormai diverse decadi fa pensarono più o meno la stessa cosa, ed ovviamente mi riferisco a Isao Takahata, Hayao Miyazaki e Toshio Suzuki.
Lo Studio Ghibli nacque così, dall’amicizia e i valori di tre ragazzi che abbandonarono un posto sicuro per crearsi un futuro in cui rispecchiarsi, un nuovo studio di animazione con cui cambiare la percezione del mondo.
La ricerca della qualità, l’indipendenza di pensiero, una coerenza ideologica lunga più di 30 anni oltre che una molto nipponica dedizione al lavoro erano i postulati che diedero linfa allo Studio.
Pensare che una realtà così bella abbia perso uno dei tre pilastri su cui si reggeva credo metta un po’ di tristezza ad ogni appassionato, a me sicuramente.
Se voleste ripercorrere le origini dello Studio Ghibli e indagare sulla controversa amicizia tra Miyazaki e Takahata v’invito a recuperare il documentario Il Regno dei Sogni e della Follia,
del quale mi permetto di anticiparvi una frase di Miyazaki (un po’ riadattata dalla mia memoria) che ben riassume il rapporto privato con l’amico Isao
Io e lui ci conosciamo troppo bene, una volta che iniziamo ad inveirci contro potremmo non finire per tutta la notte, ma non permetterei a nessun altro d’irriderlo.
Resta la persona di cui mi possa fidare di più.
Ieri Miyazaki dopo più di un mese ha interrotto il suo silenzio sulla morte di Takahata, e durante i passi del suo discorso si è commosso più volte.
“Ero convinto che Paku-san (il soprannome di Takahata) avrebbe vissuto fino a 95 anni, ma purtroppo è morto e mi fa pensare che anche il mio tempo sia limitato”
Sono diversi i passaggi che il sensei ha riservato all’amico, dal loro primo incontro fino agli aneddoti privati. Sulla rete ha iniziato a circolare questo video con i sottotitoli inglesi, ve lo linko nel caso qualcuno volesse assistere all’omaggio (da 1’40”).
In un prossimo futuro sono certo che porterò a termine l’analisi della Tomba delle Lucciole sperando che possa incuriosire chi ancora non l’ha scoperto, quello che oggi pero’ mi auguro è che sia arrivata l’importanza della figura di Takahata e di quello che il suo impegno unito agli altri due soci abbia significato per il cinema d’animazione e non solo.
Takahata come uomo non c’è più, restano i suoi film, che come i petali di quel ciliegio a Tokyo possono ancora regalarci quel breve ma intenso momento di pura malinconica bellezza.
Quasi dimenticavo, Grazie ancora