C’è chi coi rifiuti fa la differenziata e chi li usa per dare vita ad opere d’arte.
Punti di vista? Può darsi. Tuttavia, nel caso di Debbie Korbel, si tratta anche di talento.
Debbie è un’artista americana che crea degli assemblage utilizzando tutto ciò che è materiale di scarto, dai rifiuti veri e propri agli oggetti rifiutati, dando vita ad agglomerati caotici ed eclettici che trovano però un proprio ordine nella coesione che realizzano con gli elementi scultorei. I soggetti scolpiti, d’altra parte, sembrano quasi grati di aver ricevuto in dono tali cianfrusaglie e ne fanno orgogliosamente sfoggio come il migliore dei gioielli, restituendogli dignità e significato, rendendoli parte integrante del loro essere e della loro essenza.
Guardando queste opere si è colti da un misto di fascinazione e turbamento, attrazione e repulsione perché sembrano mettere in scena il meglio della natura umana attraverso la catarsi di tutto ciò che è brutto, costringendo lo spettatore a riflettere sulla mistione emotiva generata tra ciò che vede e ciò che sente, tra ciò che di sè conosce e ciò che tenta di ignorare.
Ma se è vero che l’arte è concetto, significato, macchinazione dell’intelletto, essa è anche e soprattutto istinto, compulsione, emotività e la Korbel lo ammette con orgoglio:
I make art because it is fun. You might say, “So do six-year-olds,” and then I might say, “I know you are, but what am I?” And then we might both stick our tongues out–anyway you get the idea.
Or maybe making art is a bit of a compulsion, channeled into a healthier behavior than excessive hand-washing or collecting a giant ball of string. Or perhaps it is like an instinctual drive. Food. Sex. Art.
Anyway, luckily I became a sculptor, and not a drug addict or a career criminal.
Dare nuova vita ai rifiuti e lasciare che essi, a loro volta,animino le sue sculture.
Questa è l’arte revitalizzante di Debbie Korbel.