Avete presente quando, dopo aver fatto la verticale ed essere rimasti svariati minuti a testa in giù, rimettendovi in piedi la testa vi formicola e vedete tutto bianco per qualche secondo?
Ecco, mi sono sentita esattamente così dopo quasi due ore immersa in Bandersnatch, il tanto atteso e discusso episodio interattivo di Black Mirror, uscito pochi giorni fa su Netflix.
Coerentemente col resto della serie, il tema di fondo è il rapporto tra uomo e tecnologia e le conseguenze che possono derivare da un uso distorto di quest’ultima. Il racconto è ambientato nel 1984 e vede come protagonista Stefan, un singolare diciannovenne tanto intelligente quanto disturbato, alle prese con l’ideazione di un videogame, Bandersnatch appunto, ispirato nella storia e nelle sue modalità di sviluppo a quelle di un omonimo librogioco rinvenuto tra i lasciti della madre defunta.
Le premesse iniziali sono dunque decisamente accattivanti. Tuttavia, cosa aspettarsi concretamente da questo esperimento di mistione tra storytelling e gaming?
All’inizio la trama sembra articolarsi in maniera coerente. Lo spettatore è chiamato a compiere per Stefan una serie di scelte: che cereali mangiare, che musica ascoltare, se buttarsi o meno da un balcone: ogni decisione presa porta la narrazione in una determinata direzione.
Seduti davanti alla televisione vi sentirete co-protagonisti delle vicende, responsabili delle azioni del ragazzo e partecipi delle sue emozioni; sarete condotti ad affrontare situazioni difficili, che vi faranno urlare, discutere e saltare sulla sedia. Il senso di onnipotenza derivante dall’idea di essere una sorta di divinità, di burattinaio magico, vi inebrierà. Per il primo quarto d’ora siete i padroni indiscussi della situazione.
Progressivamente però la situazione andrà a complicarsi.
Catapultati in un multiverso in cui è praticamente impossibile distinguere la realtà dalla finzione e l’inconscio dal subconscio, vi troverete davanti a visioni deliranti che vi porteranno a dubitare di quello che avete fatto e visto fino a quel momento e vi obbligheranno a ripercorrere le stesse strade ancora e ancora, scoprendo però di volta in volta ulteriori significati e livelli interpretativi.
Vi renderete infine conto conto che, PER LA MISERIA, non siete per nulla potenti o divini.
COLPO DI SCENA! I Player si trovano nella stessa condizione del protagonista: controllati, dirottati, condizionati dagli autori dell’episodio, i quali, senza che ve ne accorgiate, vi portano in una precisa direzione.
Noterete che le vostre scelte sono libere fino ad un certo punto; ci sono bivi che è impossibile ripercorrere, situazioni che si andranno a creare a prescindere da cosa avete deciso di fare nelle diverse scene.
Diventa allora impossibile uscire appagati dall’esperienza di fruizione guardando Bandersnatch una sola volta: perchè capiate a fondo la struttura del gioco e del racconto e possiate compiere una catarsi esperienziale, è indispensabile esplorare tutte le possibilità messe a disposizione e rivivere la storia più e più volte, incorrendo in tutti e 5 i finali possibili.
Avete capito o no, cosa vi aspetta? Per riassumere ecco una lista dei PRO e dei CONTRO da me individuati:
PRO
- Poter prendere parte all’azione senza restare solo fermi sul divano a urlare ai protagonisti frasi su ciò che secondo voi devono fare (spero che creino anche dei film horror interattivi, almeno non saremo costretti a vedere idioti aprire porte dietro cui sono consci esserci dei fottuti demoni).
- Diventare co-protagonisti e, in una certa misura, co-autori dell’episodio di una serie cult.
- Fare un’esperienza di gioco alternativa.
- Godere di un’ambientazione ben costruita, di scenari accattivanti e di personaggi abbastanza credibili.
CONTRO
- Dover giocare tutti e 5 i finali per poter dormire la notte.
- Dover chiedere una riunione straordinaria dell’ONU per discutere il senso complessivo della storia.
- Non avere una reale libertà di scelta in molti snodi cardine della trama.
- Avere a disposizione solo pochi secondi per prendere decisioni vitali.
E tu cosa farai?