“Con la cultura non si mangia” e “impara l’arte e mettila da parte” sono detti che abbiamo sentito molte volte e spesso, a malincuore, dobbiamo ammettere che sono veri. Ma come in tutte le cose esistono le eccezioni. E tra queste eccezioni possono nascondersi anche dei veri e propri “miracoli”.
Sto parlando di Loving Vincent, lungometraggio d’animazione uscito nelle sale italiane il 16, 17 e 18 Ottobre per un evento promosso da Adler e Nexo Digital. L’appuntamento con l’arte al cinema non è una novità, infatti Nexo Digital è solita proporre al pubblico diverse proiezioni durante l’anno con l’obiettivo di avvicinare gli spettatori alla grande arte. Questi eventi nel nostro paese sono sempre andati sufficientemente bene: i migliori risultati sono stati ottenuti da Firenze e gli uffizi che ha portato in sala oltre 50 mila spettatori e il docu-film Raffaello – Il principe delle arti con 35 mila spettatori. Questi eventi hanno visto negli anni una fidelizzazione del pubblico che ha sempre fatto ben sperare, tutto questo fino a Loving Vincent.
Il film, una co-produzione inglese e polacca, rappresenta il coronamento di un progetto iniziato oltre due anni fa, nel gennaio 2016; scritto e diretto da Dorota Kobiela e Hugh Welchman, Loving Vincent è infatti il primo lungometraggio interamente dipinto su tela. Realizzato elaborando i quadri dipinti del pittore, il film è composto da migliaia di immagini create nello stile di Vincent van Gogh realizzate da un team di 115 artisti che hanno lavorato duro per arrivare a un risultato originale e di enorme impatto. Un lungometraggio che mescola arte, tecnologia e pittura e si è aggiudicato il Premio del Pubblico all’ultimo Festival d’Annecy oltre alle nomination come miglior film d’animazione ai Golden Globes e agli Academy Awards. Il film è stato realizzato con la tecnica Rotoscope: si girano le sequenze con attori in carne ed ossa e si stampano tutti i fotogrammi del girato, in seguito, ogni fotogramma viene dipinto su tela secondo lo stile di Van Gogh. Un lavoro immenso, una scommessa che poteva risultare un bagno di sangue, ma che si è rivelata un trionfo sotto tutti gli aspetti.
Il budget del film di 5,5 milioni sarà recuperato ampiamente grazie ai proventi della sala cinematografica ed è il caso di dirlo per una volta: grazie soprattutto all’Italia.
Nel nostro paese il film è stato celebrato da critica e pubblico; quest’ultimo ha letteralmente preso d’assalto le sale durante i tre giorni dell’evento. 1.672.219 euro l’incasso totale della “tre giorni” di programmazione in ottobre e la replica del 20 novembre; numerosissimi i sold out in tutta Italia con alcuni cinema costretti ad aumentare il numero degli spettacoli durante la giornata. Ed è assurdo pensare che in un periodo in cui gli analisti parlano di crisi del settore, di rifiuto della sala cinematografica, quasi 160 mila spettatori in soli quattro giorni, ad un prezzo maggiorato di 10 euro, riempiano le sale del paese per un evento artistico. Per comprendere l’entità di questo successo basta confrontare i numeri italiani a quelli di paesi “cinematograficamente” più forti del nostro: in Francia il film ha incassato in due settimane tre volte meno di quanto incassato in Italia in tre giorni; negli Stati Uniti ci sono volute cinque settimane, tre se non si considerano le settimane a distribuzione limitata, per raggiungere il nostro risultato; in Gran Bretagna il film ha superato il milione di incassi solo dopo la sua ottava settimana di programmazione.
Loving Vincent è la risposta più grande che il pubblico italiano potesse dare a coloro che sono convinti della morte del cinema in sala, ma è anche una rivincita, permettetemi di dire, per produzioni, distribuzioni ed esercenti sull’idea del “cinema-regalo” che un anno fa è stata portata avanti con i fallimentari CinemaDays (con fallimentare intendo l’effetto prodotto e al quale l’iniziativa puntava, non intendo ovviamente la forte risposta del pubblico nei giorni dell’iniziativa). Lo spettatore è disposto a spendere per un prodotto di qualità, per l’originalità e Loving Vincent ne è la prova più autentica.
Il film ripercorre le fasi che hanno portato alla morte di Vincent van Gogh; uno studio accurato di tutte le teorie che cercano di spiegare una dipartita così misteriosa. Dorota Kobiela e Hugh Welchman, i registi e sceneggiatori del film, realizzano una crime-story intrigante trasmettendo tutta l’ambiguità di un artista così misterioso. L’animazione del film è sensazionale, la composizione del quadro è curata in ogni dettaglio: 120 dipinti prendono vita davanti agli occhi dello spettatore e oltre 800 documenti epistolari garantiscono una narrazione filologicamente sincera.
Si riparte da qua quindi, con “lo stomaco pieno di cultura” e con “l’arte in primo piano”, si riparte da quei 160 mila biglietti staccati in soli quattro giorni, si riparte dalle migliaia di ringraziamenti alla pagina Facebook della casa di distribuzione e dagli occhi lucidi e commossi una volta riaccese le luci della sala.
(Fonte incassi italiani: Cinetel – Fonte incassi internazionali: Box Office Mojo)