La cosa che affascina di più di una città come Milano è la sua componente “nascosta”. Rispetto alle grandi capitali europee e alle principali città turistiche italiane, Milano è stata percepita per anni come un luogo senza grandi attrattive turistiche, in cui la retorica della monumentalità resta in secondo piano rispetto ad altri punti di forza come lo sviluppo di un importante mercato finanziario, e del “bello”, in cui la fanno da padrona moda e design. A livello architettonico, insomma, Milano è sempre stata percepita un passo indietro rispetto alle più iconiche Roma e Firenze, per esempio. In parte perché gran parte del centro storico è stato demolito per scelte di sviluppo urbano e per le bombe della seconda guerra mondiale, in parte perché, ad esclusione del Duomo e del Castello mancano grandi edifici monumentali “da cartolina”. Non che la basilica di Sant’Ambrogio o la Santa Maria delle Grazie del Bramante non lo siano, il loro valore artistico è inestimabile, ma certamente affascineranno meno di molti altri, importanti, monumenti italiani. Milano non ha un Colosseo, insomma, e neppure un San Marco, o un Palazzo Pitti. Ha, tuttavia, molti spazi nascosti, alcuni quasi inaccessibili, fatti di corti interne, giardini e grandi sale affrescate. Spazi questi, che, negli ultimi anni, hanno fatto la fortuna dei grandi eventi milanesi, in particolare del Fuorisalone e delle sfilate di Moda.
La notizia, di cui anche molti milanesi sono allo scuro, è che in realtà anche Milano aveva il suo monumento iconografico, che ora è, per l’appunto, un angolo totalmente dimenticato e nascosto della città. Mediolanum, la Milano romana, possedeva, infatti, il terzo Anfiteatro al mondo per dimensioni, dopo il Colosseo di Roma e l’Anfiteatro di Capua. All’epoca si trovava appena al di fuori delle mura di cinta romane, vicino alla odierna Basilica di San Lorenzo.
Ma cosa è accaduto ad un monumento di tale importanza e dimensione? In realtà quello che è successo a quasi tutti i monumenti antichi, a partire proprio dal Colosseo romano; piano piano è stato spogliato dei propri pregiati blocchi di pietra e rivestimenti di marmo, utilizzati, in epoca cristiana per la costruzione di altri importanti edifici. Questa metodologia d’azione a Milano è stata particolarmente incentivata dalla difficoltà di reperire blocchi di pietra di quelle dimensione nell’area circostante.
Oggi dell’anfiteatro rimangono, quindi, solo pochi resti, grazie ai quali è però possibile ricostruire l’esatto posizionamento e dimensionamento dell’antico monumento. L’area, prevalentemente a verde è già oggi “Parco archeologico dell’anfiteatro romano“, un parco che oltre ad avere alcuni reperti archeologici, è particolarmente riservato, visto che al suo interno non c’è mai nessuno. Anche perchè la mancanza di ingressi e gli orari di chiusura lo rendono praticamente inaccessibile. Sono probabilmente pochi i milanesi che hanno provato ad accedervi tramite due cancelli che darebbero l’accesso diretto al parco. Uno in via De Amicis, l’altro in Via Arena. Ma sono sempre chiusi. Ci sarebbe anche un terzo ingresso teorico, costituito dal Vivaio Riva, ma anche il Vivaio è stato chiuso. Per entrare, l’unico modo è di individuare il portone di un palazzo di via De Amicis 17, un ex monastero femminile.
Per rendere questa parte di città poco nota, ma storicamente importantissima per Milano, è stato messo in atto un progetto di riqualificazione complessivo, di cui si parla già da anni, ma che da pochi giorni è diventato effettivo e che a dicembre vedrà l’inizio ufficiale dei lavori. Tra un anno anche Milano avrà il suo Anfiteatro Romano, un “Colosseo” creato in modo “vegetale”. «Si tratta di un progetto di “archeologia green” ispirato al tema della simbiosi fra vegetazione e ruderi presente nella storia fin da XV secolo e molto amato nella letteratura romantica. L’intero parco archeologico diventerà un amphitheatrum naturae e riprende una filosofia che introduce la flora nei siti archeologici come nell’idea di Giacomo Boni dei primi del Novecento nel Foro romano, nelle passeggiate archeologiche o nel tempio romano di Venere e Roma» spiega al Corriere della Sera, la sovrintendente Antonella Ranaldi, cui si deve l’idea.
Grazie ad una visione poetica della Sovrintendenza i milanesi lo potranno immaginare attraverso centinaia di piante messe a dimora in modo da ricalcarne perfettamente la struttura architettonica, una specie di anfiteatro orizzontale verde, in contrapposizione giocosa con il verde verticale del Bosco di Boeri.
A seguito delle bonifiche e dei lavori di pulitura dell’area, che avverranno nei prossimi mesi, il parco raggiungerà una dimensione complessiva di 22.300 da connettere in seguito con il parco delle Basiliche dove a San Lorenzo, sotto il sacello di Sant’Aquilino, si possono vedere i resti in pietra dei blocchi del rivestimento dell’anfiteatro utilizzati per le fondazioni. Alla fine, si verrà quindi a creare un parco urbano verde di circa 100 mila mq che diventerà nello stesso tempo una passeggiata nella Milano romana e paleocristiana. Un progetto a basso impatto, questo, che vuole ergersi ad esempio per la Milano ecologica del futuro, un’idea visionaria che mira a restituire in modo leggero la monumentalità del passato. Spiega ancora la Ranaldi al Corriere «Il progetto prevede di mantenere libera l’arena centrale in vista del suo impiego anche per spettacoli all’aperto. Sul perimetro dell’ellisse, invece, saranno piantate due file di cipressi, 102 in tutto. Mentre siepi di bosso, ligustro e mirto in vaso seguiranno il disegno dei setti radiali a sostegno delle gradinate». Anche sulla scelta tipologica delle piante è stato fatto un accurato studio, scegliendo piantumazioni in uso in epoca romana.
In ultima analisi va detto che il progetto sarà finanziato da privati per la cifra di 1 milione e 250 mila euro; sviluppo urbano in linea con gli ultimi casi milanesi di CityLife e Porta Nuova e con le importanti riqualificazioni dei futuri Scali. A pensarci bene, anche in questo si vede il cambio d’epoca, non sarà un imperatore populista a ricostruire l’Anfiteatro di Milano quindi, ma il capitalismo al servizio dello sviluppo urbano.