In più di un’occasione l’arte è stata rifugio per i creativi di ogni tempo, rifugio per uomini incapaci di trovare un modo convenzionale per essere ascoltati.
Rifugio dalla solitudine, dalla discriminazione o un contesto sociale a cui non sentono di appartenere.
Dalla letteratura al cinema, passando per la pittura e la musica tantissimi artisti hanno costruito mondi utopici dove evadere e prendere quella boccata d’aria fresca che sentivano mancare nel quotidiano.
Mai però mi era capitato di vedere realmente ricostruito un mondo in miniatura, mai prima d’imbattermi in Elgin Park, la cittadina immaginaria partorita dai ricordi e la creatività di Michael Paul Smith.
Michael è diventato famoso attraverso le fotografie di Elgin Park, sempre più persone dopo le pubblicazioni su Flickr ne apprezzavano il lavoro e acquistavano gli scatti.
L’attenzione ai dettagli, le ricostruzioni fedelissime e i giochi di prospettiva sono probabilmente a livello tecnico le caratteristiche più interessanti dei suoi lavori che pero’ trovano attraverso la nostalgia di ogni scatto il cuore pulsante del successo.
I modelli dettagliati incastonati con la manipolazione della prospettiva in ambienti reali conferiscono alle composizioni un risultato nuovo, fondendo vintage con fantastico.
Elgin Park, come ogni città che si rispetta si basa su solide fondamenta e la capacità di trasformarsi e rinnovarsi.
Tecnicamente è il frutto dell’insieme di abilità che nel corso degli anni Michael ha maturato dalle più disparate professioni.
Esordisce come ebonista dove guadagna la manualità necessaria, l’esperienza da postino invece gli permette di imparare la disposizione delle vie, fino a diventare art director.
Una passione viscerale per le automobili e più in generale per il mondo del 20th secolo lo porta a produrre ricostruzioni maniacali di attimi di vita ordinaria ormai estinta.
La linfa vitale Elgin Park però lo trova nel vissuto del padre, una vita fatta di discriminazione, solitudine e condita da un periodo di depressione che ha portato l’artista più volte a cercare il suicidio.
Già da piccolo Michael racconta in un documentario diretto da Danny Yourd di essere stato costantemente bullizzato per il suo essere diverso ed omosessuale.
Le droghe, l’isolamento non hanno fatto che acuire quel disagio che Michael affronta creando un posto sicuro in cui rifugiarsi e che possa riavvicinarlo all’infanzia.
Nasce così Elgin Park, la cittadina utopica, compromesso tra creatività e nostalgia.
“Elgin Park è un posto in cui non sono mai solo.
Ci sono voluti 4 mesi per ricostruire la casa dove sono cresciuto, è stata come una terapia”.
Nel corso degli anni, attratti dai lavori e dalla sua storia, in molti hanno voluto scrivergli intavolando rapporti epistolari in cui Michael cercava di spronarli a dare libero sfogo alla propria voce e alla costruzione di un proprio mondo.
Canto, scrittura o qualsiasi altra forma gli aiutasse a conquistarsi una propria dimensione a trovare la loro città immaginaria.
“ Fin da bambino ho sempre voluto cambiare il mondo in qualche modo”.
Elgin Park ha allargato così i suoi confini e si è trasformata dall’illusione di uomo solo alla casa di tante persone.
Una cittadina in miniatura è diventata abbastanza grande da abbracciare i bisogni di molti, perché in fondo ad Elgin Park non interessa ne chi sei ne da dove vieni.