Quante volte ci siamo imbattuti nell’immagine di due ragazzine alla fermata del bus affiancate da una grossa creatura sconosciuta?
Ci troviamo davanti forse ad uno dei fotogrammi più iconici dello Studio Ghibli, rielaborato come ogni cult nei modi più disparati e con i personaggi più improbabili.
Nasce da quell’immagine “Tonari no Totoro” meglio conosciuto da noi italiani come “Il mio vicino Totoro”.
Era il 16 aprile del 1988 quando Totoro si affacciava per la prima volta nei cinema nipponici, avremmo dovuto aspettare il 2009 e un successo ormai consolidato a livello mondiale per poterlo ospitare nelle sale nostrane.
Quarto film (o terzo insieme a La Tomba delle Lucciole) prodotto dallo Studio Ghibli, scritto e diretto da Hayao Miyazaki, fu premiato come miglior film dell’anno in Giappone, tuttavia non ricevette subito i riconoscimenti e gli apprezzamenti che ad oggi sembrano scontati e dovuti.
La critica fu spaccata a metà, l’assenza di un “cattivo” fece storcere il naso a molti che definirono il film eccessivamente buonista ed inconcludente.
Anche al botteghino Totoro non riuscì ad ottenere risultati esaltanti, circa 1milione di euro nel mercato extra nipponico.
Nessuno poteva immaginare l’escalation che avrebbe vissuto quella strana creatura da lì a qualche tempo.
Uno dei principali aspetti del successo di Totoro era la sua stranezza morfologica, Miyazaki voleva realizzare una creatura mai vista prima ma che allo stesso tempo riuscisse immediatamente ad empatizzare con i bambini e gli spettatori. Per fare questo attinse, come poi ripeterà per altri lungometraggi, dalla tradizione giapponese.
In questo caso s’ispirò ai Tanuki, esseri a metà tra una talpa, un orso ed un procione.
Il troll che nel corso degli anni venne eletto come simbolo dello Studio Ghibli divenne il prodotto più acquistato nel merchandising targato Ghibli. Quando un artigiano realizzò il pupazzo con la fisionomia di Totoro ben presto lo Studio si ritrovò con uno dei prodotti più venduti nell’intero Giappone e riuscì a sanare i debiti che aveva accumulato nei precedenti anni.
Per riconoscenza verso il gigantesco Troll i soci fondatori decisero così di eleggerlo a simbolo e Mascotte dello Studio e ad oggi esistono migliaia di prodotti che richiamano al Tanuki ghibliano.
L’importanza e la rilevanza di Totoro non si limita però all’essere diventato oggetto di culto per collezionisti e fan oltre che un prodotto commerciabilissimo.
La canzoncina finale, scritta dallo stesso Miyazaki, ottenne così tanto successo che venne introdotta e insegnata in molte scuole giapponesi.
Ad Hiroshima tutt’oggi ci si può imbattere in un cartello stradale raffigurante il buffo Troll seduto su uno spartito musicale.
Il cartello è posto in presenza di una strada speciale, l’asfalto in questione è infatti progettato per suonare la canzone di Totoro al passaggio dei veicoli, una simpatico espediente per allietare i viaggi dei bambini ma che sottolinea nuovamente la rilevanza nell’immaginario sociale della pellicola.
La foresta di Totoro.
Appena a nord-ovest di Tokyo, a Tokorozawa nella prefettura di Saitama, è stata realizzata una foresta a tema Totoro, o meglio sono stati inseriti numerosi riferimenti cinematografici all’interno della foresta che sembra aver ispirato Miyazaki per diverse location della storia. L’area, molto amata dal sensei che ha devoluto dei fondi per salvaguardarla dall’urbanizzazione , viene frequentata assiduamente dal maestro ed ospita anche la casa di Totoro.
Un’occasione unica per tutti i bambini e i fan del mondo Ghibli di poter incontrare il protettore della foresta e perchè no, anche il suo creatore.
La ricostruzione nella realtà delle location del film animato vanta numerosi altri casi, ad esempio in occasione dell’Expo 2005, Goro Miyazaki fece costruire una fedelissima riproduzione della casa di campagna della famiglia Kusakabe.
Se volete visitarla, ed è un’esperienza che non ho avuto modo di fare ma che dalla recensioni trovate sembra davvero essere meritevole dovete recarvi a Nagoya e prenotare una visita.
Ci sono delle regole per quanto riguarda la fotografia, ma è possibile toccare ed esplorare l’intera casa, aprendo i cassetti, sfogliando i libri, interagendo con gli ambienti perfettamente riprodotti.
I fortunati che hanno esplorato l’abitazione hanno raccontato che sembra davvero di entrare in una vecchia casa abitata da un parente o un vecchio amico.
Totoro è andato ben oltre il guadagnarsi l’amore degli spettatori, ha conquistato il rispetto e l’ammirazione degli addetti ai lavori del mondo animato, studi importanti come ad esempio la Pixar hanno più volte omaggiato i lavori di Miyazaki, nel caso di Totoro citandolo direttamente all’interno di Toy Story.
“Alla Pixar quando abbiamo un problema e non riusciamo a risolverlo spesso prendiamo un laser disc di uno dei film di Miyazaki e guardiamo una scena nella nostra sala di proiezione per avere un motivo di ispirazione. E funziona sempre. Andiamo via meravigliati e ispirati. Toy Story ha un enorme debito di gratitudine verso i film di Miyazaki” Lasseter
Non molti sanno che Totoro è l’unico film Ghibli a poter vantare un sequel.
Le vicende di “Il mio vicino Totoro” difatti continuano in un cortometraggio che ha per protagonisti l’amatissimo Tanuki, il gattobus e la piccola Mei.
Il film, del 2003, non è mai stato distribuito al cinema o in copia homevideo, può essere visto solo in una sala del museo Ghibli, nella città di Mitaka.
Insomma è ormai chiaro che Totoro ha avuto un impatto fortissimo non solo sulla produzione Ghibli, sul Giappone ma sul mondo dell’animazione in generale.
Ma quali sono le caratteristiche principali che hanno portato a rendere un cult questa fiaba, inserita dall’Empire alla posizione 275 tra i 500 migliori film di sempre?
Totoro in piccolo anticipa quelli che saranno i temi cardine dell’intera produzione dello Studio, un inno alla fantasia, un tributo alla natura, e l’infanzia come protagonista. Non mancano ovviamente anche altri temi tipici della filmografia di Miyazaki, come mezzi di trasporto non convenzionali, sfondi e paesaggi naturali incredibili e quella continua ricerca e ossessione verso il volo.
Per Miyazaki poi Totoro è un film estremamente autobiografico, l’infanzia in campagna, la malattia della madre affetta da tubercolosi, l’inquietudine di vivere quella situazione senza poter realizzare la gravità delle situazione sono tutti elementi chiaramente percepibili all’interno della pellicola. Il conforto che la mascotte Ghibli offre alle due piccole protagoniste è lo stesso conforto che Miyazaki ricercava, e l’intera storia sembra offrire ad ogni bambino gli strumenti per provare ad affrontare i momenti difficili come quelli di chi deve affrontare la malattia in prima persona o di un proprio caro.
Totoro diventa così l’incarnazione fisica, o per lo meno disegnata di tutto quello che è lo straordinario universo che avvolge l’infanzia, un mondo di scoperta in divenire dove la creatività e l’immaginazione possono ancora piegare la durezza e i dogmi della realtà.
Ed è forse in quell’immagine sotto la pioggia da cui tutto e nato che si nasconde la chiave del successo di questo intramontabile film, perchè ognuno di noi, anche a 30 anni di distanza, ha ancora bisogno di un amico con cui condividere le proprie paure alla fermata di un autobus che sembra non voler arrivare.