Le classifiche in campo artistico lasciano sempre il tempo che trovano, e a onor del vero chi vi scrive non ha nemmeno potuto vedere tutte le tantissime serie prodotte in questo 2018.
Prendetela quindi giusto come il suggerimento di un amico a recuperare tre serie che ho trovato davvero meritevoli, per non dire imperdibili, e che mi hanno accompagnato lungo questi 365 giorni.
The End of the F***ing World
Dopo i primi episodi non ero molto convinto di proseguire la visione. I protagonisti erano antipatici, volutamente antipatici certo, ma il senso di già visto e la scarsa empatia verso questi due teenagers stavano mettendo a prova la mia pazienza. Ho deciso pero’ di andare avanti, fortunatamente!
The End of the F***ing World ho voluto inserirla nel mio podio di questo 2018, sia per il senso di colpa provato una volta terminata la visione per averla giudicata troppo presto, sia perchè è uno di quei prodotti che se ami il cinema finisce per farti breccia nel cuore.
Gli episodi scorrono velocemente, la breve durata e il crescere dell’interesse con il passare delle puntate vi porteranno probabilmente a cadere nelle più classiche delle maratone seriali, ma ci sono diversi elementi che vi garantiranno che il vostro tempo non sarà stato sprecato.
La recitazione dei due ragazzini, in realtà lei è un’attrice 25enne anche se sembra davvero impossibile, è davvero piacevole e credibile. Ho passato i primi due episodi a chiedermi invece dove avessi già visto lui, e siccome l’illuminazione tardava a palesarsi ho con piacere scoperto googlando che si trattava del protagonista del quarto episodio di Black Mirror “Zitto e balla“. Da buon cinico, il mio preferito della terza stagione.
Inutile dire che in più occasioni è la loro folle ma non improbabile alchimia a caricarsi la serie sulle spalle e a ribaltare il giudizio che da spettatori maturiamo osservandoli.
Perchè se non ci sono dubbi che questa coppia sia stupida, fastidiosa, psicopatica, difficile, degenerata, il mondo in cui si muovono, volutamente eccessivo e irrealistico, finisce per essere peggio.
La serie getta le basi su tre grandi frammentazioni: il normale e il diverso, il legale e l’illegale ma soprattutto gli adulti e i ragazzi. Le frammentazioni dei due protagonisti sono tutte interne, entrambi vivono la scissione dal nucleo famigliare.
Meriterebbe un’analisi approfondita questo capitolo ma la riservo per un’altra occasione, evitandovi così una serie di spoiler non desiderati.
Sappiate come già vi ho anticipato che la serie, ispirata dall’omonimo fumetto di Charles Forsman, attinge a piene mani dalla grande cinematografia (Natural Born Killers, Thelma e Luise, Bonnie e Clyde, La rabbia giovane ecc) e la narrativa (il Giovane Holden per citare il più celebre).
Preparatevi ad un nuovo viaggio on the road, accompagnati da esagerazione, follia e un’ottima colonna sonora.
Daredevil 3
Daredevil non delude, anzi sorprende. Se la prima stagione era stata apprezzatissima da pubblico e critica facendo finalmente onore ad un supereroe amato dai lettori ma trasposto ignobilmente al cinema nell’omonimo film scritto e diretto da Mark Steven Johnson nel 2003.
La serie era stata un’ottima apripista per le altre produzioni Marvel Netflix (spesso bruttine) e riparte in questa terza e sembrerebbe ultima stagione (vista la recentissima cancellazione) dall’episodio conclusivo di The Defenders.
Matt Murdock si ritrova spezzato nel corpo e nell’anima, e gran parte della stagione affonda le proprie fondamenta in una delle opere più significative del diavolo rosso: “Born Again” o “Rinascita” per noi italiani, scritta da Frank Miller e illustrata magistralmente da Mazzucchelli.
Nonostante il protagonista sia sempre l’avvocato cieco, è inevitabile associare questa terza stagione ad un impegno corale in cui lo sviluppo psicologico dei tre amici scava a fondo, rallentando il ritmo dei primi episodi ma regalando allo spettatore una profondità e caratterizzazione che i cinecomic troppo poco concedono ai lori protagonisti.
Molti hanno mosso critiche a quella che viene vista una “lentezza” di avvio, io invece ho apprezzato la ricerca d’introspezione e il tono realistico che la regia ha ripescato dalle atmosfere della prima stagione, combinazione che ha reso credibili e coerenti anche personaggi che non avevano una controparte cartacea nel fumetto. Non mancano a fare da contraltare all’enorme lavoro di sceneggiatura e analisi le sequenze d’azione che sono sempre stati uno dei fiori all’occhiello della produzione. Piani sequenza infiniti esaltano combattimenti corpo a corpo davvero splendidamente coreografati.
La minaccia è nuovamente Wilson Fisk, il villain interpretato ancora una volta da Vincent d’Onofrio ( e ancora una volta entusiasmando) riesce a trovare un accordo con l’FBI che gli concede i domiciliari in un super attico. Da questo evento partono e s’intrecciano gli eventi di questa terza stagione, che vedono nella solitudine, l’ossessione e il concedersi una nuova possibilità i temi cardine dell’epopea.
La tela manipolatrice di Fisk si rivela puntata dopo puntata, la sua presenza per quanto confinata aleggia sulla città e lo spettatore, prigionieri nella sua morsa.
Non è chiaro quale sia il futuro del diavolo di Hell’s Kitchen, la cancellazione da Netflix è sicuramente un duro colpo da digerire, ma se davvero questa terza stagione dovesse essere la conclusione delle gesta di Matt Murdock possiamo per lo meno rimanere pienamente soddisfatti.
Better Call Saul 4
Nulla di nuovo, meravigliosa.
Gli unici dubbi che potevano esserci erano già stati messi a tacere con la prima stagione, quando Vince Gilligan ci aveva già dimostrato che la storia della nascita di Saul Goodman meritava di essere raccontata e non ci trovavamo davanti ad un semplice e nostalgico lungo addio a Breaking Bad.
Questa quarta stagione forse regala ancora qualcosa in più, sicuramente perchè Jimmy compie i passi decisivi per la sua trasformazione ma allo stesso tempo perchè con una gradualità e credibilità totale, frutto della scelta di non voler affrettare l’inevitabile, si compongono i tasselli che danno vita all’universo che dovrà affrontare Walter White.
C’è tanto e troppo su cui si potrebbe discutere, ancora una volta BCS e Gilligan insegnano quante emozioni può regalare una narrazione capace di tirare le giuste corde, di descrivere il decadimento di un’anima e il lungo percorso a senso unico che determina la trasformazione di un essere umano.