Andrea Anzivino, in arte anzj, è una delle promesse più interessanti della scena musicale italiana.
Cantante, beatmaker e producer classe ’99, è un talento così poliedrico da risultare difficile da etichettare.
Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.
Come ti sei avvicinato alla musica?
Ho sempre avuto passione per il “suono” in quanto tale, sin da piccolo sono stato affascinato dagli strumenti percussivi e già all’età di 3/4 anni mi divertivo a tirare fuori le pentole dalla cucina per crearmi un primitivo “drum set” che suonavo con dei cucchiai di legno. Da lì è stato solo un susseguirsi di opportunità e decisioni (a volte anche sofferte) che mi hanno portato sempre più ad amare questa disciplina artistica e tutto ciò che ne concerne.
Quando e come nasce anzj?
Anzj ha sempre fatto parte di me ma forse all’inizio del mio percorso artistico era ancora troppo timido per farsi vedere. È venuto fuori solo a gennaio/febbraio 2018 nel momento in cui decisi di dare reale sfogo alle varie sfaccettature della mia personalità e al mio dinamico immaginario non solo con il suono, ma anche con le parole.
E’ impossibile ascrivere la tua musica ad un solo genere musicale: i tuoi pezzi spaziano dal lo-fi alla trap, dall’indie-pop al rap. Da dove nasce il tuo interesse per questi generi apparentemente molto diversi l’uno dall’altro?
Sono rare le volte in cui mi metto a comporre, produrre e scrivere un pezzo avendo già in mente un genere preciso a cui voglio arrivare. Solitamente parto da un semplice giro armonico, un semplice accordo a volte, e da lì do sfogo alla mia immaginazione cercando di dipingere quadretti non musicalmente ma che descrivono molto bene, assieme alle parole che uso, sensazioni e storie che sto vivendo o che ho vissuto.
C’è un genere verso il quale stai tendendo maggiormente?
Sicuramente producendo tutto in-the-box nella mia camera e utilizzando principalmente tecniche di produzione e compositive che derivano da precedenti progetti musicali più tendenti all’elettronico direi che comunque il genere a cui tendo sia qualcosa di definibile come “pop elettronico”.
Il filo conduttore che lega l’incredibile varietà di generi e suoni con i quali ti misuri è la ricerca espressiva. Cosa vuol dire per te sperimentare?
Per me la sperimentazione è frutto dei limiti che mi auto-impongo. Più mi limito più sono grado di creare qualcosa di nuovo (o almeno così spero, non è una certezza matematica). Spesso questo concetto è sottovalutato, molti giovani produttori pensano che per iniziare a produrre seriamente bisogna per forza avere tutti i plug-in del mondo o il miglior computer in circolazione; il fatto è che non è così: pochi e semplici elementi sonori sono in grado di dar luce a infinite sfumature comunicative, servono davvero pochissimi plug-in e quasi tutti sono semplici da reperire.
Ad oggi, la quasi totalità dei tuoi pezzi è scritta, cantata e prodotta da te. Quanto ha influito questo in termini di libertà espressiva?
La mia intera discografia rappresenta appieno la persona che ero, che sono e, data la continua e naturale evoluzione, quella che diventerò. Non sono in grado di scendere a compromessi se si tratta di musica.
Molti dei tuoi pezzi sono profondamente auto-riflessivi e mettono a nudo parti di te legate alla sfera privata degli stati d’animo, dei sentimenti e dell’espressione emotiva. Come sei venuto a patti con l’idea di aprirti con il pubblico su temi così personali?
Tutti ci sentiamo incompresi e soli quando stiamo male, il fatto è che non è così. Ciò che una persona può sentire alle 3 di notte, l’insieme di tutte quelle sensazioni particolari, difficili da spiegare, qualsiasi essa siano, è sentito anche da tutti gli altri esseri umani che come lui hanno fatto esperienza di eventi simili. Una volta che una persona realizza questo, non è più necessario nascondersi o aver paura di mostrare le proprie debolezze. Essere deboli in alcuni momenti presuppone anche la possibilità di essere forti in altri, non essere deboli vuol dire non poter essere mai nulla se non carne.
L’immagine di sincera e tormentata complessità che dipingi intorno alla tua figura di artista è quanto di più lontano ci sia dall’ostentato esibizionismo, dall’eccesso e dall’autocelebrazione ossessiva che sono la norma per gran parte della scena trap. In che misura ritieni si possa fare trap senza cadere in questi cliché?
Se per trap si intende un genere musicale nell’accezione più larga del termine beh, risulta difficile fare trap e non parlare di argomenti che hanno a che fare con la trappola (quindi spaccio, soldi, redenzione sociale, ostentazione delle ricchezze ottenute, cercare una via di fuga ecc.). Se invece si intende quel tipo di sonorità caratteristico di una strumentale (quindi con gli 808 quasi protagonisti) o quel modo di “fare rap ma con linee melodiche”, come dicono alcuni, a questo punto si può davvero parlare di qualsiasi cosa, ci sono molti artisti soprattutto internazionali che su strumentali aggressive etichettabili come “trap” al posto di affrontare argomenti classici affrontano argomenti molto più introspettivi e profondi.
Cosa ne pensi del panorama musicale italiano?
Questa risposta sorprenderà molti ma il panorama musicale italiano lo seguo davvero il minimo necessario per non fare il boomer della situazione quando si parla di musica. Ascolto per lo più artisti internazionali e jazz, quindi questo già in parte risponde alla domanda.
C’è un artista con il quale sogni una collaborazione?
Un sogno per me sarebbe collaborare con tha Supreme perché sarei super curioso di sentire che melodie potrebbe tirare fuori su una mia strumentale e viceversa. Per quanto riguarda ad artisti internazionali mi piacerebbe fare una produzione assieme a Flume e assieme a Jaron Steele.
Oltre a Spotify, hai una presenza importante su Youtube e Soundcloud, dove presenti contenuti inediti, remix, freestyle e sperimentazioni di vario genere. In che modo gestisci la tua presenza su queste piattaforme?
Sicuramente Spotify è la piattaforma principale su cui promuovo e promuoverò maggiormente le release principali che farò in futuro. É il servizio streaming che utilizzo personalmente e lo trovo davvero completo e ben fatto, anche se certi artisti che ascolto purtroppo non sono ancora approdati al di fuori di Soundcloud.
Il tuo primo EP (Esercizi di stile, uscito lo scorso novembre) è stato seguito da numerosi singoli. Tra questi spicca Nuvole Nottilucenti – su una strumentale di Jack Sapienza, producer e co-founder della casa di produzione RKH. Qual è il tuo rapporto con l’RKH studio? Sono in arrivo altre collaborazioni?
Attualmente lavoro e collaboro con loro ad ogni singola release in quanto ho firmato un contratto discografico con il team. Dei ragazzi di RKH basta solo dire che sono veramente determinati nel raggiungere qualsiasi obiettivo si mettono in testa e, questo non lo posso sottolineare abbastanza, vivono letteralmente per l’arte, in qualsiasi forma essa si presenti.
Ringraziamo ancora anzj per la disponibilità nel rilasciare questa intervista.
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